9 ottobre 2013

Contrattura, stiramento e strappo muscolare: come riconoscerli?

Le lesioni muscolori “acute” sono piuttosto frequenti in tutti gli sport e spesso sono i muscoli ischio-crurali (parte posteriore della coscia) quelli più interessati.
Il danno muscolare può essere la conseguenza di traumi diretti o indiretti.
Nel primo caso (traumi diretti) l’agente che produce la lesione è esterno; tale trauma contusivo determina la lesione di un numero di fibre muscolari tanto maggiore quanto più forte è il trauma e quanto meno è contratto il muscolo al momento della contusione. Generalmente le più colpite sono le fibre muscolari profonde.
Più frequenti sono le lesioni muscolari da trauma indiretto: in questo caso è l’atleta stesso che provoca la lesione. Questa può essere causata da una contrazione troppo rapida del muscolo proveniente da una fase di completo rilasciamento, oppure da un iperallungamento (ad esempio un “calcio a vuoto”) o ancora da un sovraccarico di lavoro.
La classificazione delle lesioni muscolari viene fatta in relazione al danno anatomico; si distinguono:
- contrattura
- stiramento
- strappo (di 1°, 2°, 3° grado)
L’atleta che si procura una contrattura riesce solitamente a terminare la gara senza troppi fastidi. Il dolore compare dopo l’allenamento (gara) o il giorno seguente. Non siamo in presenza di una vera e propria lesione muscolare, ma una alterazione del tono di tutto il muscolo o di una parte di esso.
Si cura con calore, massaggi e stretching.
Lo stiramento provoca un dolore immediato e vivo ma generalmente non impedisce il proseguimento dell’attività; tuttavia il fastidio tende ad aumentare progressivamente. E’ molto importante interrompere subito la gara o l’allenamento per evitare di procurarsi una lesione più seria.
Nello stiramento, come nella contrattura, non vi è una lesione vera e propria delle fibre muscolari, ma un’alterazione marcata e localizzata del tono muscolare; in questo caso, all’interno del muscolo si percepisce una ben definita zona dolorosa, e anche l’atleta, a differenza della contrattura, sa individuare abbastanza bene la zona.
La cura consiste nel riposo, ghiaccio, compressione e elevazione (tradotti dall’inglese R.I.C.E).
L’arto va quindi messo a riposo, raffreddato, trattato con un bendaggio e sottoposto a controlli medici specifici.

Lo strappo muscolare può essere paragonato alla progressiva rottura di una corda messa in tensione da due tiranti. In un primo momento si sbrogliano solo alcune fibre (lesione di I grado) e mano a mano che si incrementa la forza di trazione lo sfilacciamento diventa sempre più evidente (lesione di II grado) fino alla completa rottura della corda (lesione di III grado).
Il soggetto colpito da uno strappo muscolare avverte un dolore acuto nella zona lesionata, tanto più intenso quanto maggiore è il numero di fibre coinvolte. Il dolore avvertito viene spesso rievocato dalla contrazione del muscolo interessato. Se il trauma è particolarmente grave il soggetto si trova nell’impossibilità di muovere la parte interessata ed il muscolo appare rigido e contratto. Una distrazione di II o di III grado si accompagna, nella maggior parte dei casi, al  gonfiore.
Diversi fattori contribuiscono all’insorgenza delle lesioni muscolari:
- il muscolo è stato sottoposto ad una preparazione inadeguata o non è stato riscaldato sufficientemente nel pre-gara;
- il muscolo è indebolito da una precedente lesione non ben trattata o che ha causato esiti cicatriziali che ne hanno ridotto l’elasticità;
- il muscolo è stato affaticato eccessivamente da un iperallenamento;
- l’elasticità del muscolo è ridotta da una temperatura eccessivamente bassa;
- la posizione in bicicletta non è corretta.

8 ottobre 2013

Trova la tua velocità al km


Uno dei quesiti più ricorrenti rivolto da chi comincia a correre agli esperti del settore è quasi sempre il seguente: ma  a che ritmo devo o posso correre al km, sia quando faccio il fondo lento oppure gli altri tipi di allenamento ?

Per poter dare una risposta esauriente, sottolineiamo prima alcuni concetti generali relativi alla corsa di resistenza. Dobbiamo pensare al nostro organismo come a quello di una macchina che dispone di cinque marce che possono portarci a correre a velocità progressive sempre più elevate, naturalmente con capacità di durata inversamente proporzionali all’aumento del ritmo di corsa.
Il punto di partenza fondamentale rimane la velocità del nostro fondo lento, cioè di quell’andatura che, con un minimo di allenamento, si riesce a mantenere  da 30 minuti sino a 2 ore di corsa.  senza problemi di sorta. Una volta identificata questa velocità si possono poi decodificare tutte le altre velocità di allenamento, da quella del fondo medio e del fondo veloce, a quelle delle prove ripetute sul km e sui 500 metri.
Avere cognizione dei propri ritmi teorici di allenamento è importante per capire che tipo di lavoro stiamo facendo e quali sono i progressi fisiologici che ne derivano. A volte anche atleti abbastanza esperti sbagliano la scelta delle velocità di allenamento rischiando così di fare un lavoro troppo spinto oppure troppo modesto per le proprie qualità.
Per dare una mano a tutti proponiamo allora una tabella dei cinque principali ritmi di allenamento. Si parte da quello più lento, che si può identificare in 7 minuti al km per un neofita alle prime armi, cioè in grado di fare 8,6 km in 60 minuti, per arrivare a completare diverse opzioni di corsa lenta sino a 3.30 al km, cioè al ritmo di corsa lenta di alcuni maratoneti d’elite.
La determinazione dei vari ritmi, logicamente dopo una preparazione specifica, ti aiuta anche ad individuare il tuo ritmo gara sulla distanza della maratona. Per gli atleti di èlite è quasi sempre una velocità che si posiziona a metà fra la velocità del fondo medio e del fondo veloce, per una ampia seconda fascia coincide a grandi linee invece con la velocità del fondo medio, per quelli che invece corrono sopra i 6 minuti al km, più o meno coincide proprio con il ritmo del fondo lento.
Confrontatevi dunque con il nostro schema generale e se qualcosa non dovesse quadrare allora vuol dire che forse dovrete inserire nel vostro  programma qualche allenamento specifico soprattutto sul ritmo di lavoro su cui andate in difficoltà.
TABELLA ANDATURE
Fondo LentoFondo MedioFondo VeloceRip. 1.000mRip. 500 mTempo Maratona
7’00″ (8,6 km/h)6’45/6’406’35″/6’30″6’203′4h 55′
6’40″ (9.0 km/h)6’25/6’206’15″/6’10″6’002’45″4h30′
6’00 (10 km/h)5’45/5’405’30″/5’25″5’15″2’30″3h59′
5’30″ (11 km/h)5’15″/5’10″4’50/4’554’40″2’153h32′
5’00 (12 km/h)4’45″/4’35″4’20″/4’25″4’10″2’00″3h10′
4’40″ (13 km/h)4’20/4’15″4’05″/4’00″3’50″1’45″2h59′
4’20″ (14km/h)4’00″/3’55″3’45″/3’40″3’301’40″2h48′
4.00 (15 km/h)3’40″/3’35″3’25″/3’20″3’10″1’30″2h38′
3’45″ (16 km/h)3’25″/3’20″3’10″/3’15″2’55″1’25″2h20′
3’30″ (17km/h)3’10″/3’05″2’50″/2’55″2’45″1’20″2h6′

La corsa in salita


Non c’è dubbio che la corsa in salita sia uno dei mezzi allenanti più diffusi fra i podisti di qualsiasi livello. Infatti in salita si possono riprodurre quasi tutti i lavori che normalmente si svolgono sul piano, dagli sprint di 6/10 secondi, alle prove medie di 150/200 metri, sino alle prove estensive di 1000/1500 metri, ma per i più forti ed allenati ci sono anche le classiche cronoscalate di oltre 10 km.

COSA SUCCEDE. Sul piano pratico in salita diminuisce la fase di volo ed aumenta il tempo di contatto del piede a terra e di conseguenza  il tempo di lavoro muscolare per ogni allungamento-accorciamento del muscolo. Così facendo però si smorza parecchio la risposta elastica nella fase di contatto del piede con il suolo, ma in compenso si esalta la fase di spinta degli estensori delle gambe.
PIU’ FORZA. La quantità di forza necessaria per correre in salita è naturalmente molto maggiore rispetto ad una corsa sul piano in quanto per avanzare occorre applicare una delle leggi fondamentali della fisica, quella relativa al lavoro, che sottolinea che per compiere uno spostamento si deve applicare una forza.
QUALE PENDENZA? Per le prove brevi, fra i 40 ed i 150 metri , basta un cavalcavia con pendenze inferiori al 6%. Per le salite più lunghe vanno bene anche quelle con pendenza discontinua.
INTENSITA’. Le salite molto corte fra 40 e 60 metri devono essere fatte ad alta intensità, con recuperi brevi di 1-2 minuti, magari suddividendo l’allenamento in due o tre serie di prove, vedi 3 x 4 x 50 metri con pause di 5 minuti fra le serie. Pause maggiori da 2 a 3 minuti sono necessarie quando si fanno ripetizioni da 150 a 300 metri.
ASSISTENZA Per quelli più bravi che sono in grado di fare più volte 1 o 2 km in salita su pendenze non accentuate del 3/4% ci vuole l’assistenza di un allenatore o di un amico che con un mezzo meccanico  riporti l’atleta al punto di partenza, sia per ridurre il tempo di recupero, sia per evitargli i lunghi tratti in discesa che imballano parecchio le gambe.
CARATTERISTICHE DELL’ATLETA. Per sfruttare al meglio un allenamento in salita bisogna tener conto  delle proprie caratteristiche. La corsa in salita, da sola, in termini di rendimento, potrebbe infatti accentuare lo sviluppo della forza rispetto la decontrazione e dell’ampiezza rispetto alla frequenza, che invece sono dei punti fermi per chi corre la maratona.
TRASFORMAZIONE. Per questo, dopo avere effettuato il previsto allenamento in salita, diventa necessario risvegliare l’azione del piede e le sue qualità elastiche facendo alcuni esercizi di reattività neuromuscolare, saltelli, skip, andature varie, brevi accelerazioni usando molto la frequenza. Insomma la salita è la vera e propria palestra all’aria aperta del fondista, ma bisogna saperla utilizzare al meglio e soprattutto non dimenticandosi mai di trasformare subito il lavoro di forza che ne deriva, altrimenti può diventare una sorta di boomerang.

Sfrutta la riserva

Sfrutta la riserva

È risaputo che per correre lontano e veloce bisogna avere il “serbatoio” pieno. Eppure, durante la preparazione per la maratona di Toronto, due atleti d’élite canadesi, Reid Coolsaet ed Eric Gillis, hanno adottato un approccio non convenzionale: hanno effettuato alcuni allenamenti con il serbatoio vuoto. Correre a digiuno costringe il tuo corpo a lavorare duramente e gli insegna a bruciare i carboidrati più efficacemente quando si trova a gareggiare con le riserve energetiche al completo. I carboidrati rappresentano il carburante più prontamente disponibile nell’organismo, ma solo una quantità limitata può venirne immagazzinata - abbastanza per sostenere circa 90 minuti d’intenso esercizio fisico - soprattutto nei muscoli e nel fegato. I ricercatori hanno evidenziato che allenarsi in uno stato di esaurimento dei carboidrati aiuta i muscoli ad adattarsi a bruciare più grassi e potenzia del 50% la capacità del corpo d’immagazzinare i carboidrati. Dopo aver lavorato con il fisiologo Trent Stellingwerff del Canadian Sport Centre- Pacific, Coolsaet e Gillis hanno siglato a Toronto i propri record personali di 2:10’55” e 2:11’27”, qualificandosi per la maratona olimpica di Londra. Ecco come sperimentare questo modo di correre “senza benzina”.
SVUOTA TUTTO 
Un modo per svuotare completamente le riserve di carboidrati dei tuoi muscoli consiste nello svolgere un allenamento impegnativo al mattino e poi una corsa pomeridiana senza ripristinare le scorte di carboidrati tra un lavoro e l’altro. Questo è sicuramente un approccio impegnativo e poco piacevole. Una tattica più accessibile è correre prima di colazione dopo essere stati a digiuno per 10 ore o più durante la notte. Quest’ultimo approccio è decisamente meno estremo, ma comunque spinge il tuo corpo a operare il cambiamento desiderato.

UN PASSO ALLA VOLTA 
Sebbene sia un buon punto di partenza, fare 30 minuti di corsetta prima di colazione non produce ancora alcun risultato. Ci vuole almeno un’ora di corsa a digiuno perché s’inizi a bruciare più efficemente i grassi. Ai maratoneti di livello che corrono più di 160 km settimanali, Stellingwerff suggerisce di arrivare a fare due ore di corsa a digiuno, di cui metà all’andatura delle tempo run. Tutti gli altri runners possono puntare ad arrivare nell’arco di un mese a correre un’ora a digiuno.
RIPRISTINA LE SCORTE 
Appena terminata la corsa a digiuno mangia immediatamente, in modo da velocizzare il ripristino delle scorte e ritrovare le forze. Cerca d’introdurre da 15 a 25 grammi di proteine e da 60 a 100 grammi di carboidrati, secondo la lunghezza e l’intensità della tua corsa. Tieni monitorato con attenzione il tuo recupero prima di aumentare la lunghezza di questo tipo di allenamenti e il giorno dopo corri facile.
VELOCE IN GARA
L’allenamento a digiuno non è qualcosa da effettuare tutte le volte. Non si riesce ad andare così spediti come quando si ha il serbatoio pieno e quindi è difficile migliorare sotto l’aspetto della velocità. Durante la preparazione di una maratona inserisci gradualmente le corse a digiuno nel tuo programma e inserisci la più lunga e la più dura nel periodo di maggior carico. Il giorno della gara le riserve di carboidrati dovranno essere piene. Anche se non dureranno per tutti i 42,195 chilometri, dovrebbero sostenerti più a lungo del normale
Ed Eyestone

Inserisci così le corse a digiuno nella preparazione di una maratona
SETTIMANE 1-4
Una corsa a digiuno alla settimana. Inizia con 30 minuti facili e arriva a 60 minuti.
SETTIMANE 5-8
Una corsa a digiuno alla settimana. Arriva a 75 minuti e incorpora una tempo run da 20 a 30 minuti.
SETTIMANE 9-12
Due corse a digiuno alla settimana. Una facile da 30 a 60 minuti. L’altra fino a 90 minuti, con al suo interno 30-40 minuti a ritmo di tempo run.
SETTIMANE 13-16
Una corsa a digiuno alla settimana. Corri da 45 a 60 minuti facile. Nessuna corsa a digiuno nell’ultima settimana prima della gara.

7 ottobre 2013

Allenamento in circuito

Circuit training
Oltre a rendere l’allenamento più gradevole, grazie al continuo alternarsi in ciascuna serie dei vari esercizi, consente anche di far esercitare più atleti contemporaneamente, o in rapida successione, su uno spazio relativamente piccolo.Sicuramente efficace per migliorare le capacità coordinative, la rapidità e la resistenza organica, risulta di scarsa utilità quando l’obiettivo principale è l’incremento della forza muscolare. Infatti il passaggio continuo da un esercizio all’altro, specialmente se gli esercizi coinvolgono in successione distretti muscolari sempre diversi, rende poco efficace l’effetto di sommazione degli stimoli ottimali (Tabella).
Per la forza può essere solo un mezzo integrativo per i più giovani o anche una alternativa per principianti che, disponendo di un tempo di allenamento limitato, desiderano migliorare contemporaneamente diverse capacità motorie.
I PARAMETRI DI LAVORO utili a organizzare un circuito sono simili a quelli utilizzati con metodi tradizionali più specifici. La variante più evidente sono il numero serie che si identificano come numero di giri.
Il numero degli esercizi di un circuito varia in genere da 6 a 12 ed è in relazione agli obiettivi che si vogliono raggiungere.
GLI ESERCIZI che normalmente vengono scelti hanno la seguente caratteristica:
- coinvolgimento di più masse muscolari contemporaneamente (es.: piegamenti gambe, trazione delle braccia, flessione delle braccia, ecc.)
- alternanza di impegno di distretti muscolari sempre diversi tra una stazione e l’altra.

Pregi e limiti dell’allenamento a circuito

VANTAGGI

- Ottimo per migliorare le capacità coordinative e la rapidità o la resistenza organica generale.
- Per la forza muscolare, può essere un mezzo integrativo per l’allenamento giovanile o anche una alternativa per atleti non di livello o principianti che, disponendo di un tempo di allenamento limitato, desiderano migliorare contemporaneamente le varie capacità motorie.
- Offre la possibilità di far esercitare più atleti contemporaneamente, o in rapida successione, su uno spazio relativamente piccolo.

SVANTAGGI
- Il passaggio continuo da un esercizio all'altro, specialmente negli esercizi più complessi, rende poco efficace l’effetto di sommazione degli stimoli ottimali (forza in generale).
- A causa dei passaggi distanziati (stimoli) sullo stesso distretto muscolare, non consente di elevare e mantenere alto a lungo il metabolismo locale (forza resistente e ipertrofia).
- Sempre a causa dei passaggi distanziati sullo stesso distretto muscolare, non offre il tempo sufficiente di concentrarsi adeguatamente per inviare in maniera intensa e selettiva gli impulsi nervosi alle fibre muscolari (forza massima, forza rapida, forza resistente e ipertrofia). Sempre per la stessa ragione incide marginalmente sul miglioramento della tecnica esecutiva specifica di ciascun esercizio.

Metodo del circuito per i vari tipi di forza
Percentuale del carico riferita al massimaleNumero di eserciziNumero di ripetizioni per esercizioRitmo esecutivoRecupero tra gli eserciziNumero di giriRecupero tra i giri
Forza generale e trofismo
carico naturale o pesi liberi adeguati al numero di ripetizioni richiesto5-6 a esaurimento (6-12 ripetizioni)fluente e controllato2-3 minuti5-6completo (almeno 3 minuti)
Forza rapida (o veloce)
carico naturale o pesi liberi adeguati al numero di ripetizioni ed al ritmo esecutivo richiesti5-6massimo sotto i 6-8 secondipiù veloce possibile2-3 minuti5-6completo (almeno 3 minuti)
Forza resistente
carico naturale o pesi liberi adeguati al numero di ripetizioni richiesto5-6a esaurimento (16-25 e oltre)fluente e controllato1-2 minuti4-5completo (almeno 3 minuti)
Metodo del circuito per la rapidità
Percentuale del carico riferita al massimaleNumero di eserciziNumero di ripetizioni per esercizioRitmo esecutivoRecupero tra gli eserciziNumero di giriRecupero tra i giri
carico naturale minimo possibile6-8massimo sotto i 6-8 secondipiù veloce possibilenullo se non subentra affaticamento neuro-muscolare e organico4-6completo anche a livello organico
Metodo del circuito per la resistenza organica
Percentuale del carico riferita al massimaleNumero di eserciziNumero di ripetizioni per esercizioRitmo esecutivoRecupero tra gli eserciziNumero di giriRecupero tra i giri
carico naturale adeguato al numero di ripetizioni richiesto
6-12
(coinvolgenti più gruppi muscolari in ciascun esercizio)
da 20 a 50 circafluente e controllatoadeguato a mantenere la frequenza cardiaca presceltaadeguato al tempo di lavoro presceltoadeguato a mantenere la frequenza cardiaca prescelta per il tempo prestabilito
Metodo del circuito per le capacità coordinative
Percentuale del carico riferita al massimaleNumero di eserciziNumero di ripetizioni per esercizioRitmo esecutivoRecupero tra gli eserciziNumero di giriRecupero tra i giri
carico naturale minimo possibile6-8adeguate agli obiettivi prefissatiadeguato alla corretta esecuzionenullo se non subentra affaticamento neuro-muscolare e organico4-6completo anche a livello organico


Esempio di circuito per la forza generale (manubri)
Esempio di circuito per la forza generale (carico naturale)
Esempio di circuiti per la rapidità e velocità
Esempio di circuiti per la resistenza organica
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